
L’impegno politico dello scrittore può essere abbandonato?
Bassano del Grappa, giugno 2004
Può essere abbandonato
Sì, può essere abbandonato, se per “impegno” intendiamo tutto ciò che la parola ha indicato negli anni Cinquanta e Sessanta: un progetto letterario immediatamente legato a un progetto politico, immediatamente legato a un progetto di società; vedi l’ufficio politico di alcune case editrici negli anni Sessanta. Quel dibattito lì e quelle idee, sono completamente esauriti, e del resto si studiano nelle antologie scolastiche.
Non può essere abbandonato
No, non può essere abbandonato se per “impegno” intendiamo una dimensione etica del proprio fare, del proprio narrare; la ricerca di un comportamento possibile, di un essere persona, che non deve essere però un’etica predicativa ma un’etica che valga per chi la ricerca, e agisca su tutti gli altri mediata dalla narrazione. La dimensione di opposizione è naturalmente connessa e non può essere abbandonata. Solo che l’opposizione di una volta, quando l’orizzonte era fisso, consisteva soprattutto nel trovare una forma letteraria, una forma di vita, le più efficaci possibile per colpire i propri bersagli.
Orizzonte mobile e il Castello di K.
Oggi l’orizzonte è mobile e ciò cui ci si può opporre non costituisce un fronte unitario, ma è sfaccettato, sfuggente, forse vuoto, dove ti rispondono “okay, va bene”. In questo somiglia molto al castello di Kafka: se tu telefoni e dici:
<<Sono l’agrimensore>>
è molto probabile che ti rispondano: << Va bene, sei l’agrimensore >>.
Continenti mescolati
Insomma, oggi l’opposizione significa prima di tutto trovare di volta in volta il punto in cui farla, sapendo che quei punti sono dispersi su una mappa in cui i continenti sono del tutto mescolati. Da questo punto di vista, tra l’impegno politico che c’era decenni fa e quello che potrebbe esserci oggi c’è la stessa differenza che c’è fra un falco e un aquilone.